L'AMICO DI FAMIGLIA

regia Paolo Sorrentino
con Giacomo Rizzo, Fabrizio Bentivoglio, Laura Chiatti,
Gigi Angelillo, Clara Bindi, Marco Giallini
sceneggiatura Paolo Sorrentino
fotografia Luca Bigazzi
montaggio Giogiò Franchini
scenografia Lino Fiorito costumi Ortensia De Francesco
musica Teho Teardo
produzione Domenico Procacci, Nicola Giuliano, Francesca Cima
distribuzione Fandango
durata 1h50m

Italia 2006
 

La trama: Geremia de' Geremei è un uomo viscido, bruttissimo, sporco, avaro e legato in maniera morbosa alla madre. E' un usuraio che presta denaro a disperati che non ne possono fare a meno. Il suo unico amico è l'eccentrico Gino, cowboy country disilluso dalla vita. Ma un giorno nella vita dell'arido Geremia entra la bellissima Rosalba, che forse riuscirà a cambiargli l'esistenza.


Il regista: Napoletano, classe 1970, Paolo Sorrentino inizia come sceneggiatore e autore di corti. Il suo primo film L'uomo in più ('01), presentato a Venezia, vince numerosi premi e lo impone come nuova scoperta del cinema italiano. Segue Le conseguenze dell'amore ('04) in concorso a Cannes, anch'esso molto apprezzato.


Il film: L'ultimo film di Paolo Sorrentino ruota attorno ad un personaggio totalmente negativo, brutto, laido, sporco e moralmente ripugnabile, ma potrebbe essere definito senza timori una giostra di piccoli mostri che gira intorno al mostro per antonomasia. Geremia de' Geremei non è altro che il pretesto che il regista usa per raccontare la mostruosità strabordante, inesorabile e massiccia, che alberga nella normalità delle persone, nella vita di tutti i giorni, nella noia della provincia. Il peccato di Geremia, il suo essere cinico, diffidente, indifferente di fronte al dolore della gente è solo il riflesso della bruttezza interiore delle persone e dello squallore primordiale di cui la realtà che ci circonda è costituita. Tutti i personaggi del film vivono di un'indiscutibile duplicità, che a malapena cela il loro doppio animo buono/cattivo, tanto è vero che alla fine è lo stesso Geremia, mostro per nascita e per fama, ad apparire come il personaggio meno tetro e deprecabile della storia. In fondo lui è nato brutto, ha avuto una famiglia sui generis, non ha mai conosciuto il padre, ha un rapporto morboso, quasi incestuoso con la madre padrona, è disprezzato dalla gente, e la sua cattiveria d'animo, il suo disinteresse verso le disgrazie del mondo sono una sorta di arma personale di difesa verso gli altri. Personaggio dalle mille sfaccettature, a tratti ironiche, a tratti comiche o inquietanti, è come se fosse il frutto della cattiveria e dell'emarginazione in cui è stato relegato. L'usura di cui vive è solo un altro pretesto per portare a galla la vera natura delle persone "belle fuori" che lo circondano, ma che hanno un animo nero e peccati incoffessabili. Cowboys fuori tempo e fuori luogo che vivono di sogni ma che non esitano a terrorizzare con le minacce anziane poco attente, bellissime che vincono concorsi di bellezza, sognando il matrimonio ma che sono pronte a vendersi senza esitazioni, gente qualsiasi che chiede soldi all'usuraio per giocare al bingo, per comprarsi la macchina nuova o per andare dall'estetista. La vita di provincia in un ritratto degli orrori grottesco e impietoso, che non lascia spazio alla speranza o alla redenzione.
L'amico di famiglia  è anche una storia d'amore improbabile fra un uomo brutto e una donna bellissima, fra un vecchio e una giovane, una storia d'amore anomala che ci dice che la bellezza può essere trovata ovunque, e non solo nei canoni che ci vengono imposti dalla società. Il laido Geremia sogna la bellezza che non ha e la raggiunge attraverso l'amore di Rosalba, tanto bella, così inconfutabilmente bella, da innamorarsi di lui.
L'amico di famiglia  potrebbe essere classificato come il terzo film di un'immaginaria e non dichiarata trilogia del regista dopo L'uomo in più  e Le conseguenze dell'amore. I tre film infatti, raccontano di uomini racchiusi in trappole esistenziali che si sono costruiti da soli e da cui cercano la fuga. Uomini disincantati nei confronti della vita, scettici, nichilisti e disillusi, ma che cadono inesorabilmente nella trappola dell'amore che li salva.
L'amico di famiglia  è un film diverso, dal linguaggio personale e dal ritmo lontano anni luce da quello che ci offre il cinema italiano di oggi, dalle inquadrature ardite, non convenzionali, disarmoniche, che possono infastidire e straniare lo spettatore troppo abituato ad un linguaggio cinematografico sempre più piatto e televisivo. Un film che sorprende per l'eccentricità, il gusto barocco, onirico, visionario e per l'anima grottesca e apparentemente poco autentica dei suoi personaggi.
Fra gli attori ricordiamo un Fabrizio Bentivoglio sempre in ottima forma, la scoperta in tutti i sensi di Laura Chiatti, e nel ruolo di Geremia il sorprendente Giacomo Rizzo, attore napoletano che pur essendo attivo fin dagli anni settanta, è qui alla sua prima prova come protagonista. Lo ricordiamo al fianco di Totò in Operazione San Gennaro  ('67), in Novecento  di Bertolucci ('70) e nel Decameron  di Pasolini ('71).
Girato interamente nell'Agro Pontino, a Latina e a Sabaudia, mettendo molto in risalto le architetture tipiche del ventennio fascista di queste città, il film è stato presentato in concorso al festival di Cannes 2006.
                                                                                                                     V.M.


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